Pane di lusso. Le persone ricche, le quali durante una parte dell'anno abitano in campagne lontane dai gran centri popolati, non possono procurarsi pane di lusso, e nemmeno qualche volta pane di buona qualità. Purchè si possa disporre in casa propria di un piccolo forno da pasticciere, è facile il far confezionare in casa propria ogni giorno pane così bianco e delicato come in qualunque città. Si disponga ammucchiandola sur una tavola certa quantità di farina della più bella qualità, per esempio, 3 chilogrammi, e nel mezzo si faccia un foro per introdurvi 60 grammi di lievito. Si stempera quindi coll'acqua tiepida, dandole presso a poco la consistenza, di una pasta da focaccie; si manipola bene aggiungendovi 60 grammi di fino sale diluito in un po' d'acqua tiepida. Si cuopre la pasta, tenendola in caldo perchè possa fermentarsi e lievare. Dopo averla lasciata in quello stato una o due ore, secondo la stagione, la s'impasta di nuovo, si copre, e si lascia riposare altre due ore. Nel frattempo si scalda il forno. Si divide quindi la pasta in tante parti quanti pani si vogliono, ai quali si dà la forma di biscotti o di ciambelle che si pongono poi entro il forno.
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pane di lusso, e nemmeno qualche volta pane di buona qualità. Purchè si possa disporre in casa propria di un piccolo forno da pasticciere, è facile il
meglio, in una composizione bone mescolata di sabbia bianca, di carbone polverizzato e di sale marino. Qualunque cura si abbia per conservare le uova con questo processo, quando si tratta di una grande quantità, non si deve già aspettarsi che si mantengano tutte eguali in buono stato, essendochè i gusci delle uova sono disuguali nello spessore; ve ne saranno sempre di quelle che vanno guasti. Il locale dove si tiene provvista di uova deve essere fresco, ma perfettamente al riparo dal freddo. Si può inoltre servirsi di un altro processo. Si fa stemperare nell'acqua piovana o di fiume una certa quantità di calce mediante una piccola porzione della stessa acqua; si agita più volte quel miscuglio, si lascia depositare, si decanta, poi si copre con quest'acqua di calce limpida le uova fresche poste in vasi di terra. La preparazione della calce da adoperarsi, avuto riguardo alla quantità d'acqua, è di un chilogrammo di calce per ogni dodici litri d'acqua. I vasi di terra sono deposti in cantina e si deve invigilare perchè le uova sieno sempre completamente coperte di acqua. Se, fra le uova che si vogliono conservare in tal modo, se ne trova alcune che sieno sporche, bisogna lavarle coll'acqua di calce innanzi di collocarle entro il vaso.
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meglio, in una composizione bone mescolata di sabbia bianca, di carbone polverizzato e di sale marino. Qualunque cura si abbia per conservare le uova
Acetosa. L'acetosa destinata alla conservazione per essere cotta, si apparecchia dalla fine di settembre a tutto ottobre. Non conviene adoperarne che le foglie novelle e non aspettare che il gelo le abbia colpite. Si monda l'acetosa con assai cura, levandone i manichi; si lava e si immerge in una caldaja piena di acqua bollente con un decimo di bietola, di cerfoglio e di prezzemolo, mondati e lavati separatamente. Quando ha bollito tre o quattro volte, si ritira e si fa sgocciolare sopra vagli o colatoî; poi si mette in una caldaja sul fuoco e se ne compie la cottura mescolando sempre onde non si attacchi, e ridurla come in una specie di succo denso. Tostochè l'acetosa è abbastanza condensata, si ritira dal fuoco e si lascia freddare versandola entro vasi di terra, poi si cuopre con uno strato di burro liquefatto o di olio d'oliva.
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Acetosa. L'acetosa destinata alla conservazione per essere cotta, si apparecchia dalla fine di settembre a tutto ottobre. Non conviene adoperarne che
Cicoria. La cicoria conservasi come l'acetosa. Si può peraltro adoperare il seguente sistema. Dopo che la cicoria fu mondata, lavata, Imbiancata, e perfettamente asciutta e raffreddata, si pone i successivi strati entro vasi di terra con strato di sale per ogni mano di cicoria. Quando i vasi sono pieni e la cicoria fu ben bene stivata mediante un pestello di legno, vi si stende sopra un ultimo strato di sale, e si lasciano i vasi all'aria senza coprirli. In capo a due giorni, si versa sulla cicoria alquanto burro liquefatto od olio di oliva, e si chiudono i vasi con sughero coperto di pergamena o di una vescica assicurata con ispago.
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Cicoria. La cicoria conservasi come l'acetosa. Si può peraltro adoperare il seguente sistema. Dopo che la cicoria fu mondata, lavata, Imbiancata, e
Conservazione degli asparagi. Dopo aver fatto scelta degli asparagi che si vogliono conservare, e averne tagliata la parte inferiore dura e bianca si dà loro una bollita con del sale; quindi si lasciano immersi per un quarto di ora nell'acqua fresca, si fanno sgocciolare, e si schierano in un vaso quasi pieno di acqua e di aceto in eguali proporzioni con sufficiente quantità di sale, alquanti chiovi di garofano ed un cedro tagliato a fette. Si cuoprono poi con burro liquefatto e si conservano al riparo dal caldo e dall'umidità. Quando si vuole servirsene bisogna, anzi tutto, lavarli nell'acqua tiepida e passarli poi in acqua fresca.
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Conservazione degli asparagi. Dopo aver fatto scelta degli asparagi che si vogliono conservare, e averne tagliata la parte inferiore dura e bianca si
Conservazione dei fagiuoli. Per conservare una data quantità di fagiuoli è sempre vantaggioso di approfittare dell'occasione in cui sono abbondanti e a buon mercato; bisogna che sieno teneri, fini e di fresco raccolti; si deve pure sciegliere le migliori specie e le più saporite. Fra i diversi processi di conservazione, daremo il seguente, che è semplicissimo. Si inondano dapprima i fagiuoli, e si gettano mano mano nell'acqua fresca: poi si lavano, si fanno sgocciolare e si pongono in una terrina con sale, onde levar loro, agitandoli, ogni asprezza. Allora si depongono strato per strato entro un vaso di terra, ponendo alternativamente un letto di fagiuoli ed uno di sale fino a che sia pieno il recipiente, in maniera però che il sale sia spalmato sulla superficie. Si lasciano così il solo tempo necessario per trasmutare il sale in acqua. Si cuoprono allora di burro liquefatto, e quando sia freddo vi si aggiunge superiormente alquanto olio di oliva, affinchè sieno completamente posti fuori di qualsiasi contatto coll'aria. Il vaso deve inoltre esser chiuso con un turacciolo ed una pergamena e posto in luogo bene asciutto. Quando si voglia servirsi dei fagiuoli si pongono nell'acqua fresca per levar loro il sale e si fanno cuocere entro un recipiente non istagnato.
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a buon mercato; bisogna che sieno teneri, fini e di fresco raccolti; si deve pure sciegliere le migliori specie e le più saporite. Fra i diversi
Zucchero in polvere vanigliato. Si prendano, per esempio, due bastoni di vaniglia e 125 grammi di zucchero. Si taglia la vaniglia in minutissimi pezzettini e si pesta in un mortajo di marmo, aggiungendovi una porzione di zucchero rotto in pezzetti. Quando questa mescolanza è ridotta in polvere si passa attraverso un setaccio, e si pesta di nuovo il residuo coll'ultima porzione di zucchero per passarlo parimenti pello staccio. Il nuovo residuo è parimenti pesto e poi passato, e finalmente si riuniscono queste varie porzioni di polvere in un solo miscuglio; lo zucchero e la vaniglia debbono essere così intimamente uniti che non si possa distinguere più l'uno dall'altro. Lo zucchero vanigliato si conserva in un recipiente ben turato, e se ne fa uso per condire la crema, le focaccie, il formaggio, quando queste pietanze vengano servite in tavola, ovvero si condisce il cioccolatte cotto nell'acqua e nel caffè.
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Zucchero in polvere vanigliato. Si prendano, per esempio, due bastoni di vaniglia e 125 grammi di zucchero. Si taglia la vaniglia in minutissimi
Zucchero acidulato per bevande. Il succo di certe frutta, come ribes, ciliegie, lamponi, aranci, limoni, misto con acqua e zucchero, porgono una bibita aggradevole e refrigerante. Bisogna supplirvi con zuccheri acidulati, che hanno il vantaggio di conservarsi per tutto l'anno, e di fornire in ogni stagione le bibite che non si ottengono coi succhi delle frutta se non al momento in cui sono in piena maturità. Ecco in qual modo si procede per preparare gli zuccheri acidulati. Il ribes, a mo' d'esempio, bisogna sgranarlo, stiacciarlo, e, dopo averne raccolto il succo, si passa e si mescola con quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro una stufa moderatamente riscaldata, e che in seguito si polverizza per conservarla entro fiasche di vetro bene tappate. Quando si vuol far uso di questo zucchero ben acidulato, se ne diluisce due cucchiai da caffè in un bicchiere d'acqua e si ottiene una bibita tanto gradevole come quella che si può ottenere dal succo di ribes fresco. Si segue presso a poco lo stesso processo col lampone, colle ciliegie, gli aranci e i limoni. Soltanto che alle ciliegie, prima di stiacciarle, bisogna levare i noccioli; si sofirega un pezzo di zucchero sull'esterna scorza degli aranci e dei cedri, e poi si pesta questo zucchero per aggiungerlo a quello polverizzato che fosse stato frammisto al succo degli aranci o dei cedri, e che si fosse, come già dicemmo, essiccato in una stufa.
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stagione le bibite che non si ottengono coi succhi delle frutta se non al momento in cui sono in piena maturità. Ecco in qual modo si procede per
Il processo migliore per fare infondere il caffè è quello di servirsi di cocome a filtro, che sono comodissime, spicciative, e che danno un liquido contemporaneamente profumato e limpido. La cocoma più semplice e meno cara è quella di latta od anche di porcellana: sul graticcio del filtro, preventivamente coperto di una rotella di flanella, si pone la quantità necessaria del caffè in polvere, presso a poco, come accennammo, un cucchiajo da caffè per ogni bicchiere d'acqua, ed un poco meno, se si appronta il caffè per cinque o sei persone; si calca moderatamente la polvere col rulletto che si lascia sulla polvere, si colloca la grata superiore, si versa su questa metà dell'acqua bollente che dev'essere impiegata; si richiude la macchinetta col coperchio, e si aspetta che quest'acqua sia filtrata. Ciò fatto, si leva il coperchio e la grata superiore, per sollevare il folletto e far cadere in fondo del filtro la polvere di cui è carico; allora si versa il rimanente dell'acqua calda, e, dopo aver chiusa accuratamente la macchina, si lascia che la filtrazione compiasi lentamente. Durante questa operazione, si pone la cocoma nell'acqua bollente, e questo bagno-maria mantiene il liquido al grado di calore che deve conservare. Non bisogna servire il caffè che allorquando la filtrazione è completa, e si deve guardarsi, come avviene talora, di far riposare il liquido sulla feccia o deposito, perchè; sarebbe un indebolire il caffè e togliergli porzione del suo profumo. Quanto al deposito del caffè, se si voglia utilizzarlo, conviene non farlo bollire, il che darebbe un liquido acre e nero, ma versarci sopra, quando è ancora nel filtro, una certa quantità d'acqua calda e meglio di fredda. Si pone in serbo questa seconda infusione, per fare riscaldare al bagno-maria e mescolarla con una nuova preparazione di caffè. Tutte le volte che si fa riscaldare il caffè, il quale non sia stato adoperato nel momento stesso in cui viene approntato, bisogna ricorrere al solo bagno-maria.
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, preventivamente coperto di una rotella di flanella, si pone la quantità necessaria del caffè in polvere, presso a poco, come accennammo, un cucchiajo da caffè
Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella cocoma mediante un bastoncino o frullo, si aggiunge quindi gradatamente la quantità conveniente d'acqua e di latte ( una misura o tazza per ogni tavoletta di cioccolatte); si fa bollire agitandola assiduamente col frullo, che si rotola colle mani, e quando è bene spumante si mesce il cioccolatte in una tazza. Se si brama più denso, si può aggiungervi un cucchiajo da tavola di farina di riso, si agita allo stesso modo, lasciandolo bollire per alcuni minuti, e si ottiene in tale modo un preparato di sapore gradevole, che ha l'aspetto di fiore di latte lievemente sbattuto.
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Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella
Crema russa alla Nesselrode. — Si apparecchia prima di tutto un mezzo litro di sciloppo bianco, di media consistenza, con zucchero di prima qualità e uno spicchio di vaniglia. Dall'altra parte si fa cuocere nell'acqua bollente, senza alcun condimento, quaranta o cinquanta bei marroni. Quando sono cotti perfettamente, si schiacciano con un cucchiajo di legno e si passano attraverso un fino colatojo. Ottenuto in tale modo, il succo delle castagne viene diluito nello sciloppo di zucchero, cui si aggiunge un litro di crema fresca e dodici tuorli d'uovo scelti fra i più possibilmente freschi. Si fa poi scaldare questo miscuglio al bagno-maria e si mescola costantemente fino a che sia inspessito e consistente come una crema. Vi si aggiunge allora un limone confettato tagliato a pezzetti, 50 grammi d'uva secca, cui si levano gli acini, e un bicchiere di maraschino. Questo miscuglio si allunga allora entro un secondo litro di fior di latte sbattuto, con tre albumi d'uovo, che si sbattono fino a che sieno spumanti. Quando il tutto si è bene agitato, si versa entro uno stampo, e si conserva la crema in luogo freschissimo, oppure in un vaso circondato di ghiaccio fino al momento che s'ha da servire in tavola.
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Crema russa alla Nesselrode. — Si apparecchia prima di tutto un mezzo litro di sciloppo bianco, di media consistenza, con zucchero di prima qualità e
Marroni al ponce. Questa ricetta di un'applicazione così facile come la precedente, è uno dei modi i più gradevoli per mangiare le castagne o marroni. Dopo averli fatti abbruciacchiare come se dovessero servire nel modo naturale, si spogliano del loro guscio e pellicola, e si pongono, finchè sono ancora caldi, entro un vaso da composta, copiosamente spolverizzati di zucchero. Si versa allora sui marroni quanto rhum o acquavite che basti per cuoprirli interamente, e, quando si hanno da servire in tavola si dà fuoco al liquido. Si porgono ai convitati tosto che sia spenta la fiamma.
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. Dopo averli fatti abbruciacchiare come se dovessero servire nel modo naturale, si spogliano del loro guscio e pellicola, e si pongono, finchè sono
Marzapani di crema all'italiana. Da una parte si sbattono sei albumi d'uovo in ispuma assai densa; dall'altra si apparecchia con 500 grammi di zucchero, la quantità d'acqua necessaria e uno spicchio di vaniglia, uno sciloppo che si lascia cuocere fino al punto più alto di diluizione. Allora s'incorpora poco a poco in questo sciloppo, agitando vivamente, gli albumi d'uova sbattuti in ispuma densa, il che forma una pasta assai solida, perchè si possa raccogliere entro un cucchiaio ordinario, e si distribuisce ciascuna parte così divisa entro adatti pezzi di carta. Durante la cottura, che deve durare dai 25 ai 30 minuti in un forno assai moderatamente caldo, bisogna tener d'occhio attentamente i pasticcetti, perchè non si colorino nè contraggano il menomo sapore di bruciato, che farebbe sparire quello della vaniglia. Quando si ritirano dal forno e sono freddati, si bagna leggermente la carta al suo rovescio onde più agevolmente staccarli, e si lasciano esposti per qualche momento alla bocca del forno onde si asciughino perfettamente. Si conservano al riparo dall'umidità, e vengono serviti con sopra fiore di latte sbattuto alla neve, oppure così semplicemente senza essere confettati.
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Marzapani di crema all'italiana. Da una parte si sbattono sei albumi d'uovo in ispuma assai densa; dall'altra si apparecchia con 500 grammi di
Maccheroni di mandorle. Si comincia col mondare una certa quantità di mandorle, per esempio, 500 grammi, immergendoli nell'acqua bollente per alcuni minuti, affinchè se ne possa levare facilmente la pellicola. Abitualmente si sostituiscono 25 grammi di mandarle dolci, con altrettante di amare, rimanendo eguale il peso totale, il che dà ai maccheroni un odore e sapore dei più squisiti. Importa però che le mandorle mondate sieno essiccate o all'aria aperta, o in un forno o stufa prima di porle in opera. Si pone allora la metà delle mandorle in un mortajo di marmo col quarto di un albume d'uovo e si pestano, aggiungendovi tratto tratto di esso albume a misura che si procede nella operazione. Quando sono perfettamente peste, si ritirano dal mortajo per porvi, l'altra metà, che si pesta allo stesso modo. Allora si raccoglie il tutto in un mortajo per amalgamarlo perfettamente con 300 grammi di zucchero in polvere, 4 o 5 albumi d'uovo in una spuma abbastanza densa, e, se si vuole, un po' di corteccia di limone grattugiata. Si mescola il miscuglio per qualche minuto, ed allorchè forma una pasta morbida e molle, si versa questa pasta sopra carta dividendola a pezzi della grossezza e forma di una noce; si bagna leggermente colle dita inumidite nell'acqua la superficie dei maccheroni, che tosto vengono posti in forno lasciandoli cuocere dai 25 ai 30 minuti, rimanendo il forno ermeticamente chiuso.
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Maccheroni di mandorle. Si comincia col mondare una certa quantità di mandorle, per esempio, 500 grammi, immergendoli nell'acqua bollente per alcuni
Quando la preparazione si fa sempre più densa, il mezzo di assicurarsi che è giunta al punto voluto, si è quello d'immergere la punta del dito nello zucchero, e poscia subito bagnato nell'acqua fredda, se lo zucchero si frange di botto sotto la pressione del dente, si ritira la casseruola dal fuoco, e dopo avere aggiunto allo sciloppo di zucchero due o tre goccie di essenza di cedro, ovvero, in mancanza, un pezzo di corteccia esteriore, si versa sopra un marmo lievemente spalmato d'olio, e quasi subito si taglia a pezzetti mediante lo stampo. I caramelli al fiore d'arancio si preparano allo stesso modo.
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Quando la preparazione si fa sempre più densa, il mezzo di assicurarsi che è giunta al punto voluto, si è quello d'immergere la punta del dito nello
Chicche per famiglia. Caramelle. Questo dolciume, al quale si possono dare varie forme, e principalmente quella quadrata o a linee trasversali a guisa di sbarre mediante uno stampo di latta, è facilissimo da comporsi. Tutti hanno per base uno sciloppo di zucchero bianco assai cotto, che si aromatizza a piacimento. Così pei caramelli di cedro si pone in una casseruola 500 grammi di zucchero rotto a pezzettini, che si bagna con 3 decilitri d'acqua e che si lascia alquanto stemperare.
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Chicche per famiglia. Caramelle. Questo dolciume, al quale si possono dare varie forme, e principalmente quella quadrata o a linee trasversali a
Si colloca allora la padella o casseruola sopra un fuoco vivissimo, e quando lo zucchero è cotto, vi si aggiunge alcune goccie di acido citrico. Bisogna aver cura, durante questa operazione, di lavare frequentemente le pareti della casseruola per impedire che lo zucchero non vi si attacchi.
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Si colloca allora la padella o casseruola sopra un fuoco vivissimo, e quando lo zucchero è cotto, vi si aggiunge alcune goccie di acido citrico
Mandorle tostate. Per 500 grammi di belle mandorle bisogna impiegare 500 di zucchero bianco e un mezzo litro d'acqua. La metà dello zucchero è posta in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata mediante una prolungata bollitura lo zucchero tornato allo stato di greggio o non raffinato e colorato in rosso chiaro si attacca alle mandorle, si ritirano dal fuoco e si dispongono entro un vaglio di tela metallica, affinchè lo zucchero che non è aderente si stacchi e possa sgocciolare. Si ponga allora nella casseruola l'altra metà dello zucchero con quello che si è staccato dalle mandorle, e si riduce solo, colla cottura, allo stato di non raffinato, aggiungendovi quel tanto d'acqua che basti per renderlo liquido in sulle prime. Si ripongono quindi le mandorle tostate onde finiscano di cuoprirsi di quello zucchero. In quello stato esse non sono, come dicesi, che polverizzate, rimane allora di congelarle o petrificarle, non solo per dar loro un'apparenza e un sapore più gradevole, ma affinchè lo zucchero che le ravvolge non si stacchi tanto facilmente dalla mandorla. Per indurare e pietrificare le mandorle tostate, si pongano in una catinella munita di due manichi, e vi si versi sopra, fino a che sono ancor calde, alcuni cucchiaî d'acqua distillata di rose, agitando e facendo saltare in aria le mandorle, in modo che vengano ad inumidirsi equabilmente. Finalmente si ritirano dal fuoco e si depongono sopra uno staccio onde si asciughino all'aria aperta.
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in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata
Pastiglie. Le pastiglie sono nel numero dei dolciumi da famiglia i più facili ad essere apparecchiati, perchè si fanno tutte allo stesso modo, mediante una piccola padella a manico corto e prolungato a guisa di grondaja. Non conviene adoperare che lo zucchero di prima qualità, pesto e passato per uno staccio ordinario; questo zucchero deve essere soltanto inumidito e rimanersene solido; per tale effetto si bagna con acqua o succo di frutta, presso a poco nelle proporzioni di un mezzo decilitro di acqua o di succo di frutta ogni 300 grammi di zucchero. Si colano le pastiglie in istato di semiliquidezza sopra certi fogli di carta lievemente unti con olio di mandorle dolci. Tostochè le pastiglie, raffreddandosi, sono divenute solide, si staccano dai fogli sia di latta che di carta, si fanno asciugare all'aria aperta e si conservano al riparo dell'umidità. Pastiglie di cedro. Si grattugia la corteccia di un cedro sopra un pezzo di zucchero dai 300 ai 350 grammi, si pesta questo zucchero, si passa per lo staccio, e vi si versa sopra il succo di un cedro e una stilla d'acqua. Dopo aver bene operato questo miscuglio mediante una spatola, si pone presso a poco la metà di questo zucchero nella padella, che viene collocata sopra una fiamma moderata; si scalda, agitandolo, fino a che sia alquanto liquido, ma non interamente stemperato, e allora lo si cola in piccole porzioni eguali sugli stampi di latta, ovvero su fogli di carta oleosi, inclinando per ciò il beccuccio della padella. Nella medesima maniera si procede anche per l'altra porzione dello zucchero. Le pastiglie sono più o meno grosse secondo la quantità dello zucchero liquido che si lascia mano mano cadere, ma, per renderle tutte eguali, bisogna servirsi di un ordigno col quale si taglia lo zucchero a misura che cola dalla padella; a ciò basta anche un sottile filo di ferro.
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Pastiglie. Le pastiglie sono nel numero dei dolciumi da famiglia i più facili ad essere apparecchiati, perchè si fanno tutte allo stesso modo
Pasticche di lamponi, di fragole e di ribes. Queste pastiglie ammollienti e rinfrescative, di un uso saluberrimo nella state, si apparecchiano nel modo medesimo. Si stiacciano alcune manate di lamponi, di fragole o di ribes, che si versano quindi in uno staccio; si raccoglie il succo che n'è sgocciato e che serve ad umettare lo zucchero, come abbiamo detto più innanzi. Questo zucchero dev'essere tenuto alquanto allo stato solido. Se ne pone la metà nella padella, e, quanto al rimanente, si opera come per le pasticche di cedro.
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Pasticche di lamponi, di fragole e di ribes. Queste pastiglie ammollienti e rinfrescative, di un uso saluberrimo nella state, si apparecchiano nel
dell'allesso e si passi allo staccio, nonchè altrettanto grasso di arnione di bove tritato a pezzetti quadrati, che si fanno stemperare in un mezzo bicchiere d'acqua. Si mescolano insieme questi due grassi, e si ottiene in tal modo un untume eccellente, che conviene egualmente sì ai pesci che ai frammessi inzuccherati. In mancanza di grasso schiumato della pentola dell'allesso si adopera sugna.
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dell'allesso e si passi allo staccio, nonchè altrettanto grasso di arnione di bove tritato a pezzetti quadrati, che si fanno stemperare in un mezzo
Ve ne sono di caldi e freddi: i primi fanno parte del primo servizio, e si accompagnano ai leggieri tramessi, come i rigonfi e liquefatti, appartengono però al secondo servizio, si servono su piattellini o tondi volanti vale a dire, che si fanno passare dinanzi ai convitati tosto che si servono dalla cucina alla sala da pranzo. I piattellini freddi si servono sopra nicchî o conchiglie, o piccoli tondi di simile o di particolare forma e destinati a quest'uso.
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Ve ne sono di caldi e freddi: i primi fanno parte del primo servizio, e si accompagnano ai leggieri tramessi, come i rigonfi e liquefatti
Carciofi con peverada alla francese. Si devono tagliare, secondo la loro grossezza, in quattro od anche otto pezzi; levasi il fondo e le grosse foglie, si accomodano le foglie arrotondandole alquanto, si soffregano con limone per impedir loro che abbruniscano, e si pongono nell'acqua con alquanto aceto. La salsa colla quale si mangiano dev'essere composta di pepe, sale, olio ed aceto.
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Carciofi con peverada alla francese. Si devono tagliare, secondo la loro grossezza, in quattro od anche otto pezzi; levasi il fondo e le grosse
Poponi. È difficilissimo il dare precise indicazioni mercè le quali si possa facilmente riconoscere se un popone è buono e di ottima qualità, e come dicesi maturo, in punto. I più esperti conoscitori se ne sono spesso ingannati. Il migliore pertanto è di riportarsene all'esperienza del mercante che sia già stato provato, e affidarsi interamente ad esso. Si taglia il popone a fette, che si nettano con ogni cura e si schierano mano mano sur un apposito tondo; per mangiarlo, si porge ai convitati un coltello da frutta e un cucchiajo.
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Poponi. È difficilissimo il dare precise indicazioni mercè le quali si possa facilmente riconoscere se un popone è buono e di ottima qualità, e come
Guarniture di creste e arnioni di gallo. Le creste che si devono tagliare hanno ad essere novelle, di un colore rosa, doppie e con lunghe barbe. Dopo averle mondate e approntate con cura, s'immergono in un'acqua quasi bollente; poi le si ritirano, si sgocciolano soffregandole colle dita per liberarle dalla pelle che le ricopre. Mano mano si gettano nell'acqua fresca, e si lasciano colà guazzare per più ore. Quando sono divenute bianchissime, si stillano, e, per farle cuocere, si schierano in una casseruola con burro finissimo, succo di limone e un po' di sale, versandovi sopra alquanto brodo. Quanto agli arnioni del gallo, dopo averli lasciati in molle nell'acqua fredda, si uniscono alle creste in ebollizione e si ritirano quasi subito, poichè se si lasciassero bollire si scioglierebbero in pezzetti: talvolta si aggiunge agli arnioni di gallo delle animelle d'agnello che vengono ammannite al modo stesso.
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Guarniture di creste e arnioni di gallo. Le creste che si devono tagliare hanno ad essere novelle, di un colore rosa, doppie e con lunghe barbe. Dopo
Guarnimento di fegato di pollame. Si leva la parte amara del fegato, che si lascia intero e si rammollisce alquanto nell'acqua quasi bollente. Per far cuocere i fegatelli, si pongano in una casseruola con alquanto succo di carne e brodo, un mezzo bicchiere di vino bianco, un mazzetto d'erbe assieme legate di timo, di prezzemolo, di rosmarino, pepe e sale. Si lascino bollire un quarto d'ora e si levi loro ogni grasso con attenzione.
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Guarnimento di fegato di pollame. Si leva la parte amara del fegato, che si lascia intero e si rammollisce alquanto nell'acqua quasi bollente. Per
Guarniture di funghi. I funghi destinati a tale uopo devono essere di mezzana grandezza, bianchi e ben rotondi; nell'approntarli si deve lasciar loro una parte del manico. Si ammaniscono nel succo di limone misto ad un poco d'acqua; tosto che sono in ordine vi si aggiunge sale e burro e si lasciano cuocere lentamente e sopra una tenue fiamma per cinque soli minuti.
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Guarniture di funghi. I funghi destinati a tale uopo devono essere di mezzana grandezza, bianchi e ben rotondi; nell'approntarli si deve lasciar loro
Si fa la zuppa col latte di mandorle, aggiungendovi sei mandorle amare peste con un poco di latte bollente e che si spumano per estrarne la parte oleosa e lattea che si aggiunge quindi alla zuppa.
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Si fa la zuppa col latte di mandorle, aggiungendovi sei mandorle amare peste con un poco di latte bollente e che si spumano per estrarne la parte
Arnioni di porco. Si ammanniscono allo stesso modo che quelli di bove o di castrato. Si fanno anche sulla graticola e si servono con una salsa di pomidoro.
La cuciniera universale
Arnioni di porco. Si ammanniscono allo stesso modo che quelli di bove o di castrato. Si fanno anche sulla graticola e si servono con una salsa di
I porcelletti da latte si vendono d'ordinario presso i mercanti di pollame belli e approntati per essere posti in ispiedo; si devono scegliere corti e grassi.
La cuciniera universale
I porcelletti da latte si vendono d'ordinario presso i mercanti di pollame belli e approntati per essere posti in ispiedo; si devono scegliere corti
Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi, e si raccoglie accuratamente tutto il grasso che da essi cola. Si lasciano poi freddare e si staccano quindi acconciamente le ali e le coscie. Si può, volendo, riserbarsi le ale per approntarle e mangiarle, ovvero prepararle come le coscie. In quest'ultimo caso, non rimarrà che il carcame di cui si può trarre immediatamente profitto. Si schiera entro una terrina od un vase di terra le coscie o le ali le une sulle altre, senza troppo pigiarle, e gettandovi sopra ad intervalli sale trito e qualche foglia di lauro. Così si lasciano per dodici o quindici ore, affinchè convenientemente si asciughino. Si mescola poi il grasso che le oche colarono con del buon grasso bianco, e si fa colare versandolo sulle coscie e sulle ali, in modo che ne sieno coperte almeno per un pollice. Si lascia che il grasso si rapprenda, e cuopresi accuratamente la terrina od il vaso con pergamena bene assicurata e legata con ispago.
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Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi
Quando si voglia far uso di quelle coscie d'oca, si levano dal loro grasso, badando di cuoprir sempre quelle che , rimangono, e si fanno cuocere in vario modo per servirle con ogni sorta di salsa, di guernimenti e di sughi ristretti.
La cuciniera universale
Quando si voglia far uso di quelle coscie d'oca, si levano dal loro grasso, badando di cuoprir sempre quelle che , rimangono, e si fanno cuocere in
Del resto, le galline faraone si ammanniscono allo stesso modo come le pollastre e i capponi: giovani, si fanno arrostire allo spiedo, lardellate e con ispezie; vecchie, si pongono in istufato.
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Del resto, le galline faraone si ammanniscono allo stesso modo come le pollastre e i capponi: giovani, si fanno arrostire allo spiedo, lardellate e
Quando non si vuole adoperare che la metà di un lepre per arrosto, si pigli sempre la parte posteriore, od il lombo. Si lardella, si fa marinare per ventiqnattr'ore con aceto misto a poca acqua, pepe, sale, cipolle affettate, timo, lauro, prezzemolo, garofani, e si fa cuocere, come fu detto più sopra per il lepre in ispiedo. Quanto alle parti anteriori, si adoprano per comporre un manicaretto od intingolo.
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Quando non si vuole adoperare che la metà di un lepre per arrosto, si pigli sempre la parte posteriore, od il lombo. Si lardella, si fa marinare per
Il merluzzo, che si pesca in sì grande abbondanza a Terranova, giunge a noi già essiccato e salato. Lo stokfisch degli Olandesi, è il merluzzo che si fa essiccare senza adoperare il sale. Sia l'una che l'altra qualità si adoperano ad uno stesso modo.
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Il merluzzo, che si pesca in sì grande abbondanza a Terranova, giunge a noi già essiccato e salato. Lo stokfisch degli Olandesi, è il merluzzo che si
Aringhe affumicate e salate. Si taglia loro la testa, si spaccano in due trasversalmente, e si lasciano sur un tondo con olio buono di oliva perchè se ne imbevano lungo tempo; poscia si pongono al fuoco per due o tre minuti soltanto.
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Aringhe affumicate e salate. Si taglia loro la testa, si spaccano in due trasversalmente, e si lasciano sur un tondo con olio buono di oliva perchè
Trota. Le trote sono ricercate per l'eccellente loro carne; le migliori sono quelle che si chiamano trote salmonate, perchè la loro carne è rossa come quella del salmone. Le trote che si pescano nello acque stagnanti non valgono mai, per il sapore, quelle che si pescano nelle acque vive e correnti. Una estrema freschezza è la prima qualità che si deve esigere in questa qualità di pesce, il quale tanto più presto si corrompe in quanto è più delicato; il brillante argentino delle squamme e la vivacità dell'occhio sono gl'indizî dai quali si riconosce la freschezza di detto pesce.
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Trota. Le trote sono ricercate per l'eccellente loro carne; le migliori sono quelle che si chiamano trote salmonate, perchè la loro carne è rossa
Chiozzi. Questi piccoli pesci si squammano e sventrano, indi si aspergono di farina e s'introducono in uno sfritto d'olio o di strutto ben caldo. Poi si approntano piramidalmente sur un tondo coronandoli con un pizzico di prezzemolo fritto.
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Chiozzi. Questi piccoli pesci si squammano e sventrano, indi si aspergono di farina e s'introducono in uno sfritto d'olio o di strutto ben caldo. Poi
Rane. Di questo animale veramente non si appronta nè mangiansi che le coscie. Dopo averle scorticate, si pongono in molle nell'acqua fresca le coscie per due o tre ore, indi si colano bene, si asciugano e si ammanniscono allo stesso modo che una fricassea di polli.
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Rane. Di questo animale veramente non si appronta nè mangiansi che le coscie. Dopo averle scorticate, si pongono in molle nell'acqua fresca le coscie
Si possono anche friggere. Si faccia in prima marinare le coscie per una mezz'ora entro cipolle tritate, prezzemolo, timo, lauro, pepe, sale e aceto, poi si distillino, si ravvolgano con farina, e si facciano friggere, servendole quindi sur una salvietta guarnite di un mazzolino di prezzemolo fritto.
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Si possono anche friggere. Si faccia in prima marinare le coscie per una mezz'ora entro cipolle tritate, prezzemolo, timo, lauro, pepe, sale e aceto
Carciofi. Sono abitualmente i carciofi verdi quelli che si adoprano per frammessi. Quelli violetti si servono più particolarmente crudi, sotto il nome di peverada, come piattini di belluria.
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Carciofi. Sono abitualmente i carciofi verdi quelli che si adoprano per frammessi. Quelli violetti si servono più particolarmente crudi, sotto il
Fave. Le fave si mangiano più volentieri verdi che secche: laonde si devono scegliere colte di fresco. Quando sono piccole si fanno cuocere col loro baccello, levando ad esse la cima; se poi sono grandi, bisogna levar loro la corteccia. Si apparecchia o alla crema, facendo in prima allessare con un po' di sale, come si fa coi fagiuoli verdi; poi si pongono in una casseruola con un poco di burro, un pizzico di farina, un po' di timbra tritata, pepe, sale e brodo; quindi al fuoco. Quando bollono, incorporate ad esse due o tre tuorli d'uovo diluiti in fior di latte che sia di perfetta qualità.
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Fave. Le fave si mangiano più volentieri verdi che secche: laonde si devono scegliere colte di fresco. Quando sono piccole si fanno cuocere col loro
Cotti in tal modo i tartufi si adoperano anche per essere posti in intingolo, sia colla salsa spagnuola, sia colla tedesca; soltanto, allorchè sono cotti, si tagliano in rotelle grosse appena una linea. In tal modo pure si fanno cuocere allorchè devono servire per gelatina o per pasticci; conviene parimenti levarne la pelle, e di più triturarla e pestarla in un mortaio, essendochè la si mescola quindi alla salsa o al farcito. Finalmente, se s'hanno da adoperare come, guarnimento o decorazione in qualche vivanda solida, si portano interi senza mondarli.
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Cotti in tal modo i tartufi si adoperano anche per essere posti in intingolo, sia colla salsa spagnuola, sia colla tedesca; soltanto, allorchè sono
Seguendo tali principî, si possono fare formaggi bavaresi con ogni qualità di essenze e di frutta, colla menta, col caffè, colle fragole, col ribes, l'ananas ecc. ecc. Bisogna osservare soltanto che, pei formaggi di frutta, s'incorpora in un bicchiere di fiore di latte 46 grammi di colla chiarificata, e che, essendo già inzuccherato lo sciroppo delle frutta, non si aggiunge più zucchero se non in quanto si trovi necessario. Questa preparazione si tiene in una catinella, e quando incomincia a rappigliarsi, vi si mescola la crema, sbattuta, si pone prontamente in istampo e si attornia di ghiaccio.
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Seguendo tali principî, si possono fare formaggi bavaresi con ogni qualità di essenze e di frutta, colla menta, col caffè, colle fragole, col ribes
La gelatina di kirsch o di maraschino si fa esattamente allo stesso modo. Per quella di cedro o di arancio si aggiunge una decozione della corteccia dell'uno o dell'altro di queste frutta. Per la gelatina con madera, malaga od altri vini e liquori, si chiarifica insieme lo zucchero e la colla diluita, aggiungendovi il succo di un limone quando vi sta sopra il fuoco, il che aggiunge molto alla chiarificazione; si passa questa preparazione per una salvietta e si mescola il vino o liquore.
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La gelatina di kirsch o di maraschino si fa esattamente allo stesso modo. Per quella di cedro o di arancio si aggiunge una decozione della corteccia
Il pane pepato, detto anche mostacciuolo, si può fare con farina di segala; molte volte, anzichè zucchero, si fa uso di miele rosso od anche di melassa. S'impasta il tutto, se ne fa una pasta solida, che quindi si divide in pezzi cui si dà quale forma più piaccia, e si cuoce ad un grado di calore che è un po' più sensibile di quello pel pane.
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Il pane pepato, detto anche mostacciuolo, si può fare con farina di segala; molte volte, anzichè zucchero, si fa uso di miele rosso od anche di
Biscotti o diavolini di zucchero candito. Pigliate 500 grammi di zucchero candito, ponetelo entro una casseruola con sufficiente quantità d'acqua per diluirlo. Si fa cuocere della consistenza dello sciloppo, aggiungendovi, poco a poco, 151 grammi di farina, e si mescola costantemente per farne una pasta. Sopra una tavola separata si staccia intanto un lieve strato di zucchero in polvere, e vi si stende sopra la pasta, che quindi ben bene si rimescola. Allorchè è indurita in un mortajo versatevi un albume d'uovo, fiore d'arancio e un poco d'ambra. S'incorpora bene il tutto, e se ne fanno pallottole che si gettano entro acqua bollente; allorchè nuotando vengano alla superficie si levano colla schiumarola, e si lasciano sgocciare. Ciò fatto, si pongono sopra i pezzi appositi di carta, e si fanno cuocere in forno che sia aperto. Questo dolciume riesce assai duro.
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diluirlo. Si fa cuocere della consistenza dello sciloppo, aggiungendovi, poco a poco, 151 grammi di farina, e si mescola costantemente per farne una
(1) Per mondare e sventrare un porcelletto da latte, che sia tuttora coperto de' suoi peli, ecco come si deve procedere. Si ponga al fuoco una grande caldaja piena due terzi d'acqua. Quando sarà più che tiepida vi s'immerge l'animale tenendolo per la testa, agitandolo pian piano fino a che i peli incominciano cadere. Allora si leva dal bagno, si sgocciola sur una tavola e strofina a contrappelo con un grosso canovaccio. Quando è perfettamente pulito, si sventra, e gli si piegano le zampe che vengono assicurate mediante una spranghetta.
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(1) Per mondare e sventrare un porcelletto da latte, che sia tuttora coperto de' suoi peli, ecco come si deve procedere. Si ponga al fuoco una grande